Stamattina mentre svuotavo il secchio
dell'umido riflettevo sul come abbiamo sviluppato questa ripugnanza
verso tutto ciò che si decompone. Nella nostra società, come nella
maggior parte di quelle occidentali, si sta affermando la
consapevolezza e la tutela di tutte le forme di vita, da quelle
ancora in germe a quelle in fase di decadimento con tutte le
problematiche etiche e pratiche che ne conseguono rimuovendo la
realtà, cioè che il disfacimento fisico non è che una parte della
vita stessa. In questo senso vanno le eccessive cure per preservare o
piuttosto ricreare un aspetto fisico desiderabile ma anche la
consapevole scelta riguardo il trattamento o se vogliamo lo
smaltimento dei propri resti fisici dopo la morte. Che li si mandi su
Marte o li si disperda nel mare le nostre ceneri sono il prodotto piu
accettabile di questa fastidiosa eredità che sono le nostre spoglie
che ci hanno supportato nel nostro passaggio terreno. Eppure culture
ancestrali ci hanno tramandato l'elaborazione dei lutto non solo
psicologici attraverso pratiche oggi considerate disgustose e
riprovevoli che contemplavano inumazioni, riesumazioni, smembramenti,
pasti per le fiere, imbalsamazioni e quant'altro. Memorabile Damien
Hirst sperimentatore del processo decompositivo e che della
conservazione allucinata della carne ha fatto un perno centrale della
sua geniale creazione; ora che i tassidermisti sono una specie in via
di esistizione e suppongo sopravvivano solo grazie a Padre Pio e i
vari Dudù e gli avvoltoi sono impegnati altrove emerge prepotente
il fastidio nei confronti della devozione verso i gli inutili resti
dei defunti solo fino ad un attimo prima curati e amati.
In quanto napoletana conosco bene il
culto dei morti che si è perpetuato nella mia città da tempo
immemorabile che viene descritto benisimo nell'articolo della rivista
Napoli Monitor “ Un rapporto tranquillo” del 31 agosto e ritengo
che la cremazione sia un gesto di civiltà prima di tutto nei
confronti del nostro pianeta e poi dei nostri cari a cui risparmiamo,
come diciamo noi, uno sperpetuo. Evidentemente è esploso l'effetto
catartico del gusto dell'orrido-orrorifico che ci hanno inculcato tra
televisione videogiochi e quant'altro che ha relegato “ lo
Sperpetuo” appunto in una visione purificata e anestetizzata della
morte.
Sarà che noi pescatori con i vermi
abbiamo una certa familiarità e mettici anche l'immagine dei poveri
resti sotto la Costa Concordia che sono certa arriveranno presto, ma
il brulicare nel secchio dell'umido oggi mi faceva affettuosamente
compagnia.
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